"PREFIERO MORIR DE PIE
QUE VIVIR DE RODILLAS"

(Emiliano Zapata)

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ATLANTIDE: PLATONE E L'ORIGINE DI UN MITO

"Ascolta, dunque, o Socrate, una storia che, sebbene strana, è certamente vera, essendo stata attestata da Solone, il più saggio fra i sette savi. Egli era parente e caro amico del mio bisnonno Dropide, come ci dice egli stesso in molti passi delle sue poesie. Ed egli narrò la storia a Crizia, mio nonno, che la ricordò e ce la ripeté. In antico disse vi sono state grandi e meravigliose imprese della città di Atene, cadute nell’oblio a causa del trascorrere del tempo e della distruzione del genere umano, e ve ne è una in particolare, più grande di tutte le altre. E noi ora ne faremo memoria. Sarà un degno monumento della nostra gratitudine per voi e un vero e giusto inno di lode alla dea, nel giorno della sua festa.". *
Con queste parole, pronunciate da Crizia, inizia il brano del Timeo di Platone dedicato alla storia dell’Atlantide, del leggendario continente che attirerà per secoli l’attenzione di tante persone e che, ancora oggi, è protagonista di dibattiti che non coinvolgono solamente scrittori, avventurieri, sensitivi e sognatori ma anche scienziati e ricercatori.

I DIALOGHI DI PLATONE Sin dall’antichità la storia e l’esistenza stessa della mitica isola e del suo impero affascinò i lettori e generò in loro ipotesi, teorie, dubbi e soprattutto contrasti.
Paradossalmente Platone dedicò all’argomento poche parole e limitò le sue descrizioni a due soli dialoghi.
Il filosofo infatti introduce la leggenda nel Timeo, accennando anche alla catastrofica fine del continente, e si sofferma più a lungo sulla descrizione della misteriosa Atlantide nel Crizia, per poi interrompersi improvvisamente senza terminare la trattazione.
La storia narrata nei due dialoghi probabilmente rappresentò una novità per il pubblico del tempo , poiché non parlava dei miti consueti.
Prima di Platone non si era mai parlato di Atlantide, dopo di lui non si smetterà più di farlo. Il grande filosofo ateniese nacque intorno al 427 a.C. ma solo verso la fine della sua vita scrisse i due dialoghi, forma letteraria da lui prediletta, che tramandarono ai posteri la leggenda dell’Atlantide.

SOLONE E IL SACERDOTE Platone aveva conosciuto la leggenda attraverso un suo anziano cugino di nome Crizia, che, a sua volta, era entrato in possesso delle informazioni sul mitico continente perduto dal proprio nonno, anch’egli chiamato Crizia, e questo da Dropide, che era venuto a conoscenza del mito da Solone, suo parente ma soprattutto grande legislatore ateniese.
Solone aveva appreso la storia in Egitto.
In Egitto, ai tempi di Solone, risiedeva un’importante comunità greca e il faraone del tempo, Amasis, aveva concesso ai greci lo sfruttamento del porto di Naucrati come base commerciale. Il legislatore durante la sua permanenza nel paese delle piramidi, databile intorno al 590 a. C., visitò Sais, capitale amministrativa dello stato, dove conobbe un sacerdote egiziano che gli svelò la presunta leggenda.
Le conversazioni tra greci e egiziani erano facilitate dalla presenza di traduttori, figure professionali formate in una vera e prorpia scuola fondata per volere del faraone Psammetico I.
Un sacerdote egizio disse a Solone che i greci ignoravano una grande parte della storia, una parte della quale erano stati indiscussi e eroici protagonisti.
Molto più antiche, secondo il sacerdote, erano invece le conoscenze degli egiziani, conoscenze che non erano state distrutte dalle tremende inondazioni e dai cataclismi che in tempi remoti avevano colpito altre terre, come la Grecia, e che, per questo motivo, rammentavano epoche ormai lontane e da tutti dimenticate, epoche che videro prima l’affermazione e poi la distruzione dell’Atlantide. Solone scoprì così la storia dell’Atlantide e ne rimase tanto affascinato da volerne probabilmente trarre un' opera letteraria, un' opera che però non scrisse mai poiché, al ritorno in patria, dovette nuovamente occuparsi del problemi della sua Atene.
Platone parla comunque di un manoscritto sull’Atlantide in cui le divinità e i personaggi compaiono con nomi greci. E’ difficile dire se il filosofo greco fosse entrato in possesso di un testo scritto dallo stesso Solone, un testo che potrebbe aver integrato le notizie già conosciute. Crizia, nel Timeo, rivela a Socrate le parole del sacerdote egiziano incontrato a Sais da Solone.
"Nelle nostre storie si ricordano molte grandi e meravigliose imprese della vostra nazione. Ma tra queste una supera tutte le altre in grandezza e valore. Queste storie, infatti, parlano di una grande potenza che, senza essere stata provocata, compì una spedizione contro tutta l’Europa e l’Asia, alla quale la vostra città pose termine. Questa potenza veniva dall’Oceano Atlantico, poiché in quei giorni l’Atlantico era navigabile ; e vi era un’isola....". *

ATLANTIDE E ATENE Platone parla di avvenimenti avvenuti circa novemila anni prima della conversazione tra Crizia e Socrate e svela, in un certo senso, le coordinate geografiche dell’Atlantide. Secondo il grande pensatore l’isola si trovava nell’Atlantico, all’epoca ancora navigabile, al di la delle Colonne d’Ercole. L’isola era più grande della Libia e dell’Asia messe insieme. Il continente perduto rappresentava un passaggio verso altre isole, isole dalle quali era possibile raggiungere un altro continente, un continente che circondava il vero oceano.
Nell’isola di Atlantide era nato un impero grande e meraviglioso che aveva esteso il proprio dominio sulla propria isola e su molte altre e anche su parte del continente.
All’inizio della trattazione Platone fa riferimento alla lotta tra l’antica Atene e Atlantide che ha attaccato senza essere stata provocata l’Europa e l’Asia, conquistando la parte della Libia che va dalle Colonne d’Ercole all’Egitto e parte dell’Europa fino alla Tirrenia, regione che potrebbe corrispondere all’Etruria settentrionale.
Atene, secondo il sacerdote egiziano, dimostrò grande valore e forza, comandò le truppe degli Elleni nella guerra contro Atlantide e, dopo essere rimasta sola e aver corso molti pericoli, sconfisse il nemico salvando chi era ancora libero e liberando chi era schiavo.
Platone descrive poi molto brevemente la drammatica fine dell’Atlantide che viene sconvolta da terremoti e inondazioni. I guerrieri ateniesi in un giorno e in una notte vengono travolti dagli eventi mentre l’isola sprofonda nel mare, generando un banco di fango che impedisce la navigazione.

* I brani presenti nel testo sono stati estratti da "La fine di Atlantide. Nuove luci su un’antica leggenda." di J. V. Luce, edizioni Grandi Tascabili Economici Newton, seconda edizione del 1997.
Traduzione di Celso Balducci.
Titolo originale: "The end of Atlantis. New light on an Old Legend.".

di Stefano Rosati

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