"PREFIERO MORIR DE PIE
QUE VIVIR DE RODILLAS"

(Emiliano Zapata)

ARCHIVIO

ARCHIVIO FOTOGRAFICO

LA FONDAZIONE DI ROMA

Roma esiste, per la gioia di molti e l'invidia di qualcuno, e la sua esistenza è ben dimostrata dai milioni di persone che la popolano, dai tanti romani sparsi per il mondo (non sempre all'altezza della loro origine) e poi dalle automobili che la affollano, dai palazzi antichi e moderni che la abbelliscono, dalle sue chiese e da tutto quello che al nome di questa città viene associato.
Roma esiste, come detto, ma non è sempre esistita.



Osservando le sue strade e le sue piazze è possibile che a qualcuno sorga, o sia sorta, la curiosità di sapere quando è cominciata la storia di questa città e in che modo.
Tra i curiosi, probabilmente, si possono annoverare i tanti archeologi che hanno lavorato, e naturalmente lavorano, nel cuore della Città Eterna, tra i famosi sette colli e la valle del Foro.
Questi studiosi cercano di ricostruire le origini più remote della città, fino a poterne descrivere la fondazione.

I PRIMI GRANDI SCAVI La grande epoca degli scavi a Roma cominciò alla fine del XIX secolo e proseguì fino alla prima guerra mondiale.
Fu nel corso di questo periodo, per la precisione a partire dal 1898, che le zone archeologiche del Foro e, in un secondo momento, del Palatino vennero affidati alla direzione di Giacomo Boni,
Giacomo Boni introdusse nelle ricerche il metodo stratigrafico e fece molti scavi importanti scoprendo, tra l'altro, il Lapis Niger.
Gli studi effettuati tra gli anni '40 e 50' del XX secolo permisero di scoprire che a partire dal X secolo sul Palatino e forse sulla Velia, una collina oggi scomparsa che occupava la zona compresa fra la basilica di Massenzio e il convento di Santa Francesca Romana tra il Palatino e l'Oppio, sorsero degli insediamenti.
Ai piedi del Palatino e della Velia, ai margini della valle del Foro, furono rinvenute le tracce di un Sepolcreto, una necropoli utilizzata a partire dal IX secolo a.C.
Un'altra necropoli, il cui utilizzo sarebbe iniziato attorno all'830 a.C., è stata individuata sull'Esquilino.
Il Foro, evidentemente liberato dal Sepolcreto, venne occupato da capanne fino al periodo 650-575 a.C.
A questa stessa fase risalirebbero la prima pavimentazione in ghiaia del Foro stesso e l'occupazione di due aree sacre ai piedi del Palatino, la Regia e l'Atrio di Vesta.
Altri insediamenti importanti sorsero sul Campidoglio, già abitato nel XIV-XIII secolo a.C., e sul Quirinale, popolato dal IX secolo. Ai piedi del Campidoglio sorse la curia Ostilia.

TEORIE CONTRAPPOSTE: GJERSTAD E MULLER-KARPE Ben presto gli archeologi cominciarono a dividersi sulle interpretazioni da dare alle scoperte effettuate a Roma. Fino agli anni '70 esistettero due correnti di pensiero dominanti e contrapposte, legate all'archeologo svedese Einar Gjerstad e a quello tedesco Herman Muller-Karpe.
Per il primo studioso Quirinale, Esquilino e Palatino furono abitati già nell'VIII secolo e l'insediamento del Palatino si estese, tra il 700 e il 625 a.C., anche al Foro per poi unirsi ai villaggi degli altri colli dando vita alla città vera e propria intorno al 575 a.C.
La pavimentazione in ghiaia del Foro e la costruzione di edifici quali la Curia, la Regia e il tempio di Vesta, celebrarono la nascita di Roma.
Muller-Karpe non crede nell'unione dei villaggi. Secondo lui Roma nacque lentamente attorno al Foro.
La formazione di Roma durò per tutto l'VIII secolo, alla metà del quale la valle del Foro, scomparso il Sepolcreto, cominciò a sviluppare le sue funzioni religiose, economiche e politiche.

TEORIE CONTRAPPOSTE: GLI ANNI SETTANTA Con gli anni '70 si impose una nuova teoria, secondo la quale i centri sorti sul Palatino e sulla Velia si fusero tra il 900 a.C. e l'830 a.C., da questo momento in poi infatti sembrano usare una necropoli comune.
Tra l'830 a.C. e il 770 gli abitanti della zona abbandonarono il Sepolcreto nel Foro e cominciarono a utilizzare la nuova necropoli sull'Esquilino.
Gli archeologi videro in questo spostamento un segno dell'espansione dell'abitato Palatino-Velia fino all'Esquilino, sostenuti in questa ipotesi anche da testi degli antichi.
Esemplare a tal proposito è l'opera di un antiquario e giurista di età augustea, Marco Antistio Labeone.
Labeone elenca i luoghi presso i quali l'11 novembre si celebrava la festa del Septimontium. Tutti i siti indicati da Labeone sono compresi nei confini del grande villaggio Palatino-Velia-Esquilino, una sorta di lega del Septimontium, ipotizzato dagli archeologi. Si tratta di Palatino, Velia, Fagutale, Subura, Cermalus, Oppio, monte Celio, monte Cispio. La teoria prevede poi un'espansione, alla metà dell'VIII secolo a.C., verso il Foro del villaggio del Septimontium, e quindi l'assorbimento degli insediamenti sul Campidoglio e sul Quirinale.
La pavimentazione del Foro, l'edificazione della Regia e del tempio di Vesta risalgono, secondo la teoria, al periodo compreso tra il 650 e il 625, epoca in cui avrebbe avuto inizio l'era urbana, mentre la Curia Hostilia, nel Comizio, viene datata al 600, periodo in cui si fa iniziare anche un culto sul Campidoglio, forse antenato di quello di Giove.
Secondo questa articolata ipotesi sin dalle epoche più remote l'area di Roma ospitò un insediamento di dimensioni piuttosto estese, che crebbe con il tempo, risultando spesso più ampio di quelli contemporanei, e culminò nell'immensa Roma del VI secolo a.C., le cui dimensioni furono simili a quelle dei maggiori centri villanoviani.
Come le precedenti anche questa ipotesi ha conosciuto negli anni critiche e contestazioni.
L'estensione fino alla necropoli esquilina del cosiddetto Septimontium non è sicura, non è infatti chiaro dove iniziasse la città dei morti ed è possibile che la stessa non confinasse direttamente con il centro abitato.
La stessa equivalenza tra il Septimontium, con i suoi siti, e il centro Palatino-Velia non è sicura e infine non tutti sono convinti che la prima Roma potesse essere grande quanto una città villanoviana, potrebbe avere avuto infatti una popolazione molto inferiore.

LA TEORIA CARANDINI A queste teorie si è aggiunta di recente quella elaborata dall'archeologo Andrea Carandini, che propone datazioni accademicamente innovative per la nascita della città e dei suoi primi spazi pubblici.
L'archeologo italiano ha effettuato negli ultimi anni scavi tra il Foro e il Palatino, scavi che sembrano indicare come nella leggenda di Romolo si celino molte più realtà di quanto si sia creduto finora.
Secondo Carandini la fondazione di Roma non va postdatata al VII-VI secolo a.C. ma sistemata, in accordo con gli storici antichi, nell'VIII secolo a.C..
Gli scavi più recenti sembrano infatti indicare un grosso cambiamento, nel corso del secondo quarto dell'VIII secolo, nella zona della futura Roma.
Per Carandini in questo momento nacque la città-stato, nacque Roma.
Roma occupò lo spazio su cui precedentemente era sorto un ampio insediamento protourbano non centralizzato, una sorta di federazione di rioni o villaggi cui Varrone associa il Septimontium.
Questo autore infatti afferma nei suoi scritti che "Dove ora è Roma era allora il Septimontium".
Il Septimonitum, dalle dimensioni già molto estese, aveva a sua volta sostituito alcuni villaggi sparsi.
Gli scavi recenti sembrano datare il Septimontium al IX secolo, circa un secolo prima di Roma, contraddicendo l'opinione secondo cui questo insedimento sarebbe esistito solo a partire dall'VIII secolo, dopo il 775 a.C..

LA PRIMA IMPRESA DI ROMOLO Per Carandini Romolo fondò Roma realizzando, in momenti differenti e in luoghi diversi, tre grandi imprese.
Con la prima impresa romulea venne inaugurato, quindi idealmente elevato sugli altri colli, il Palatino. Questo colle ospitò la cittadella del re, la Roma quadrata.
Lo stesso Romolo era stato precedentemente prescelto per fondare la città, avendo visto dall'Aventino più uccelli del fratello Remo, e quindi inaugurato, elevato al di sopra degli altri uomini, e benedetto come re.
Carandini ricostruisce le azioni sacre compiute da Romolo durante la cerimonia della fondazione.
Dall'Avenntino Romolo scagliò una lancia contro il Palatino, visto come un luogo da conquistare, e poi, raggiunto il punto in cui la lancia si era conficcata nel terreno, inaugurò, come detto in precedenza, l'altura, quindi il 21 aprile, dopo aver consultato dei sacerdoti etruschi di Veio, celebrò, sullo stesso Palatino, i Parilia.
Durante la festa Romolo fece scavare una fossa davanti alla sua capanna e fece seppellire al suo interno primizie e manciate di terra provenienti dai vari rioni. I vecchi villaggi si fondono in questo modo in una nuova realtà urbana. E' a questo rituale che fa riferimento, con tutta probabilità, la parola latina "condita" presente nei calendari romani insieme alla parola "Roma". Il verbo condere infatti, pur essendo legato alla fondazione di Roma, non significa fondare ma nascondere, in questo caso nascondere primizie e terra nella fossa durante la cerimonia.
Il rito proseguì quindi con l'accensione, presso la fossa, di un fuoco, che si aggiunse a quelli tipici dei Parilia, e con la costruzione di un'ara.
Romolo suonò il lituo, una tromba, e pronunciò solennemente i nomi della sua città, compresi quelli segreti e ormai persi. Per la prima volta nella storia, sorvolando foreste e fiumi e scavalcando vallate e alture, risuonò nell'aria la parola ROMA.
La fondazione ancora non era terminata, Romolo si dedicò al sulcus primigenius.
Il re fondatore, velato da una toga, aggiogò ad un aratro con vomero di bronzo una vacca e un toro e li guidò sulla sommità del Palatino, tracciando un solco sacro, il primo confine di Roma, il Pomerio.
Il vomere venne sollevato nei punti dove era stata prevista la presenza di una porta.
Il solco e le zolle dissotterrate costituirono il primo sistema difensivo della città, rappresentando idealmente un fossato e un muro.
La conclusione del rituale rivela un episodio che oggi risulta agghiacciante, un sacrificio umano.
E' stata infatti rinvenuta sotta la soglia della porta Mugonia, uno dei varchi dell'antica città, la tomba di una bambina, vittima del sacrificio.
Una tazza, facente parte del corredo della vittima, è stata datata al periodo 775-750 a.C. e ha permesso di indicare una data per la fondazione della città che conferma quella voluta dalla leggenda.

LA SECONDA IMPRESA DI ROMOLO La seconda delle tre imprese compiute da Romolo, secondo Carandini, ebbe come teatro le zone del Campidoglio e del Foro, che vennero uniti alla nuova città e ne divennero il centro religioso e politico.



Romolo, ma per Carandini potrebbe anche essere stato Numa Pompilio, trasferì la sua dimora, che era anche quella del re, nel Foro, dalla originaria cittadella sul Palatino, per stare a contatto con gli dei e con gli esseri umani.
La prima reggia di Roma, la Regia, era una grande capanna, più grande degli edifici contemporanei sorti in Etruria, nel Lazio e in Grecia.
La Regia era suddivisa in una sala principale, che aveva funzioni pubbliche e che fungeva forse anche da santuario di Marte e Ops, e, ai suoi lati, in una stanza occupata da un focolare e nei locali destinati all'uso privato dei residenti.
La sala principale era occupata da un bancone che ne seguiva il perimetro e sulle sue pareti erano appesi i dodici ancilia. L'ancile era uno scudo sacro in quanto piovuto dal cielo e per evitarne il furto ne erano state realizzate undici copie.
Il tetto vegetale era sostenuto sul fronte da pali davanti ai quali si apriva una corte che ospitava un focolare all'aperto. In un angolo del cortile è stata rinvenuta la sepoltura di un'altra bambina, anche lei vittima di un sacrificio umano.
La tomba è più recente di dieci o quindici anni di quella rinvenuta sul Palatino e sembra indicare che la fondazione della Regia, alla metà dell'VIII secolo, seguì a breve distanza di tempo quella della cittadella.
Nel sito del Comizio, edificato successivamente da Tullo Ostilio, sono emersi strati risalenti all'VIII secolo, lo stesso secolo cui fanno riferimento alcuni elementi votivi recuperati nel Volcanal.
In questi luoghi si radunavano le prime assemblee dell'antica Roma, quella formate dai maggiorenti della nuova città, i primi senatori, e quella del popolo, diviso in curie.
L'istituzione di queste strutture politiche indica che Il potere nella Roma delle origini non apparteneva solo al re.
Romolo rivolse le sue attenzioni anche al campidoglio.
Il padre di Roma infatti, sconfitto in battaglia il ribelle re Acrone di Caenina, raggiunse, alla testa di una processione, la sommità del Campidoglio. Sul colle capitolino Romolo appese le armi del rivale ai rami di una quercia.
Davanti alle spoglie del nemico vinto Romolo innalzò un tempio dedicato a Giove Feretrio. Il tempio, di cui restano oggi solo poche tracce databili all'VIII secolo, era formata da una semplice capanna e da un altare.
La capanna custodiva un oggetto speciale, un'ascia di pietra risalente all'eneolitico conosciuta come Lapis Silex.
Per gli antichi l'ascia rappresentava Giove poichè sfregandola si producevano scintille.
L'ascia fu alla base del primitivo diritto romano poichè veniva utilizzata per i giuramenti.
Come il sacerdote, alla presenza del re, uccideva una scrofa con l'ascia dopo la cerimonia del giuramento così gli spergiuri sarebbero stati puniti da Giove con il suo tremendo fulmine.

LA TERZA IMPRESA DI ROMOLO Romolo quindi completò l'opera con la sua terza e ultima impresa.
Il primo re di Roma introdusse il calendario di dieci messi e suddivise lo spazio urbano, e gli uomini che lo abitavano, in curie.
I dieci mesi del calendario romuleo potrebbero rappresentare la durata della gravidanza della donna, infatti delineavano un anno che cominciava il 15 marzo con la festa di Anna Perenna e terminava il 23 dicembre con la festa del dio Terminus, i Terminalia, dopo 274 giorni, lo stesso numero di giorni che gli antichi attribuivano alla gravidanza della donna.
I giorni che precedono il 15 marzo e seguono il 23 dicembre erano i giorni della sterilità della terra.
Romolo organizzò la sua città in trenta curie, o rioni, e ne suddivise la popolazione e il territorio in tre tribù. Queste tribù occupavano sia il centro abitato sia la campagna, dove si annidavano i nemici di Romolo e della sua città.
Tra costoro si possono ricordare il già citato Acrone, Remo, che secondo Carandini controlava il territorio dell'Aventino oppure quello dell'attuale EUR, gli abitanti dell'antica Antemnae e Tarpeio, signore dell'Arce e padre di quella Tarpeia che aprì a Tito Tazio le porte di Roma.
Lo stesso Tito Tazio fu nemico di Romolo in un primo momento ma, successivamente, collaborò con lui per l'affermazione della nuova città.
Questi due re pre-urbani unirono le loro forze per la nascita e lo sviluppo, nel territorio che li ospitò, di una realtà completamente nuova, quella del regno urbano e lo fecero combattendo quanti si opposero al loro progetto, vecchi re e capi locali incapaci di accettare un'autorità superiore.
La Roma di Romolo, grande nel centro abitato ma inizialmente modesta nelle campagne controllate, si espanse ben presto a danno dei vicini di Crustumerium, Medullia, Fidenae, i Septem Pagi e le Salinae.
Romolo guidò così i romani durante le prime battaglie e li condusse alle prime vittorie.
Stava iniziando l'epopea di Roma.

Link utili:
PAgina dedicata a Numa Pompilio
Pagina dedicata al tempio di Giove Statore
Pagina dedicata all'antico Foro Romano

di Stefano Rosati

CAPRANICA - NOTTE DELLE NOTTI 2013

ATLANTIDE: L'ORIGINE DI UN MITO